Soccorrere una donna vittima di violenza: non smettiamo mai di imparare

I Soccorritori in campo tutti i giorni contro la violenza sulle donne.

 

Durante il lockdown le chiamate al 1522 sono aumentate del 73%.

 

I dati del 2020 accendono i riflettori su una situazione già allarmante che durante la pandemia di covid-19 si è ulteriormente aggravata.

La violenza sulle donne è un fenomeno purtroppo in aumento nonostante le numerose campagne di sensibilizzazione. l primi ad intervenire su questi eventi sono quasi sempre i soccorritori di un’ambulanza congiuntamente alle forze dell’ordine.

 

Come deve comportarsi un equipaggio che interviene su una sospetta o accertata violenza? Quale atteggiamento devono avere i soccorritori verso la vittima?

Innanzitutto è sempre importante fare una valutazione attenta e accurata delle lesioni e dei traumi e medicare ove necessario cercando di ricostruire nel modo più completo possibile la dinamica di quanto accaduto. Per facilitare questa raccolta di informazioni è opportuno parlare con la vittima in un ambiente protetto, separato dagli altri famigliari, come ad esempio un’altra stanza della casa o il vano dell’ambulanza. Il soccorritore deve promuovere uno spazio di ascolto empatico e non giudicante in cui la persona si possa sentire al sicuro e libera di raccontare quanto le è successo.

Non sempre però la persona riesce a riferire i fatti in modo completo e attendibile. Questo può accade per il timore di essere giudicata, per la paura di subire al rientro a casa nuove violenze, per le possibili conseguenze medico-legali oppure per un senso di disorientamento e di shock come reazioni alla violenza subita. Il soccorritore deve essere in grado di cogliere quei campanelli d’allarme che possono far ipotizzare un evento violento laddove non vi è stata una comunicazione certa.

 

Un primo segnale da osservare può essere la tendenza da parte della vittima, di evitare lo sguardo del soccorritore che sta intervenendo ossia una difficoltà a mantenere un contatto visivo.  Un altro fattore può essere la difficoltà, da parte della persona aggredita, di farsi avvicinare fisicamente dal soccorritore anche solo per rilevare i parametri vitali necessari per una prima valutazione delle condizioni fisiche. Anche la posizione assunta dalla persona, ad esempio quella rannicchiata o in un angolo della stanza con le braccia che stringono le gambe, può essere un indicatore di quanto la persona sia spaventata e in stato di shock.

E’ bene non forzare o costringere la persona ad un contatto fisico se non se la sente. Il soccorritore segnalerà poi alla propria centrale operativa la difficoltà di approccio riscontrata come ulteriore elemento per comprendere meglio l’accaduto.

Come già detto, è importante che il soccorritore riesca a ricostruire l’accaduto. Spesso le informazioni raccolte non corrispondono a quanto il soccorritore osserva sulla scena dell’evento.  E’ bene porre domande chiare, prive di pregiudizi e creare un clima di ascolto. E’ necessario spiegare alla persona che l’equipaggio è intervenuto per aiutarla e per prendersi cura di lei.

 

Particolare attenzione deve essere rivolta alle reazioni emotive che la vittima può mostrare.

Queste reazioni possono essere diverse: da un pianto “silenzioso” ad un profondo silenzio.

 

Il soccorritore può far sentire la sua importante presenza non unicamente attraverso le parole, ma soprattutto con uno sguardo accogliente privo di giudizio alcuno.

 

In queste situazioni è quindi  fondamentale cercare di cogliere tempestivamente i segnali di una possibile violenza e saper approcciare efficacemente il paziente è il primo passo per aiutarlo ad uscire dal vortice della violenza, spesso buio e isolante.