Anpas Lombardia e l’emergenza Covid-19

28 settembre 2020  – Riflessione del Presidente Regionale ANPAS Lombardia su questi mesi di pandemia Covid-19 in Lombardia.

 

La pandemia da Coronavirus è per l’Italia la più grave emergenza sanitaria dalla seconda guerra mondiale. La Lombardia ne è stata l’epicentro. Ad alcuni mesi dal suo inizio possiamo stilare un parziale e sicuramente non esaustivo elenco di criticità e punti di forza nella gestione sanitaria di questa emergenza.

 

La revisione del Titolo Quinto della Costituzione nel 2001 ha delegato, di fatto, alle Regioni l’organizzazione dei servizi sanitari territoriali. Questa riforma, positiva per molti aspetti legati alla gestione ordinaria della sanità locale, ha mostrato tutti i suoi limiti nella gestione dell’emergenza Covid 19 che è straordinaria.

 

L’Italia si è ritrovata con 21 sistemi sanitari regionali differenti, alcuni più simili fra loro altri molto distanti, che hanno reso difficoltoso indicare una via comune per il fronteggiamento dell’emergenza. Ciò è risultato evidente dall’ingaggio della medicina territoriale (medici di base), alla organizzazione delle strutture ospedaliere, finanche alla gestione del soccorso sanitario pre-ospedialiero (il sistema dei mezzi che dovevano soccorrere le persone sul territorio). Troppe differenze e l’assenza di un piano nazionale di emergenza sanitaria capace di imporsi subito sulle particolarità operative locali.

 

Il Dipartimento nazionale di Protezione Civile, preposto alla gestione delle emergenze nazionali,  ha mostrato difficoltà nell’affrontare questa emergenza. Risultato prevedibile vista la parcellizzazione delle norme, regolamenti e procedure sanitarie regionali ma non solo: un servizio di rilevanza nazionale come la Protezione Civile o può contare su uomini, competenze, mezzi, risorse e autorità adeguati ai compiti assegnatigli o sarà sempre più in difficoltà a fronte di emergenze lunghe, complesse e “nuove” come è stato ed è ancora la pandemia in corso.

 

Un elemento positivo è stata, dopo le incertezze iniziali, la capacità governativa di imporre delle norme di comportamento su tutto il territorio nazionale. In chiave contenitiva del virus e preventiva (soprattutto nelle regioni del centro sud meno esposte all’ondata di contagi iniziale) queste regole stanno dando risultati efficaci. Questo anche grazie alla diligenza e osservanza che gli italiani, nella maggioranza, hanno dimostrato a dispetto della nomea che ci descrive poco rispettosi delle norme e inclini, se possibile, ad aggirarle.

 

Puntando l’attenzione sulla Lombardia e focalizzandoci sul Sistema Sanitario dell’Emergenza-Urgenza, le Organizzazioni di Volontariato (ODV) sono state protagoniste in positivo. Da molti anni in regione vige un sistema in cui la quasi totalità dell’emergenza di base (le ambulanze che intervengono a soccorrere le persone per il 118) è fornita dalle Pubbliche Assistenze che aderiscono alle grandi reti nazionali di ODV, Anpas, CRI, Misericordie garantiscono oltre il 98% degli interventi. Nel fronteggiamento dell’emergenza pandemica questo sistema ha mostrato due principali punti di forza e una importante criticità. Ha garantito tutti i mezzi convenzionati con la regione e quando ne sono stati chiesti di aggiuntivi, in 48 ore, è stato in grado di attivarne oltre 50 per oltre quattro mesi. 50 ambulanze con equipaggi sempre operativi, oltre le centinaia già in servizio, impegnate nelle aree di maggiore criticità che hanno permesso ad un sistema già fortemente sotto pressione di non collassare.

 

Le Pubbliche Assistenze con i loro volontari hanno garantito servizi essenziali alle comunità locali e ai loro cittadini sia durante la “chiusura totale” sia nella gestione delle migliaia di quarantene domiciliari nei paesi e nelle città. I servizi di consegna pasti, farmaci e generi di prima necessita; il servizio di consegna a domicilio della spesa; l’accompagnamento a fare esami, test, tamponi, delle persone positive, sintomatiche o sospette; la disponibilità per mesi, costante e continua al call center di Regione Lombardia; la partecipazione a molti COC comunali (i Centri Operativi Comunali che si attivano localmente in casi di emergenza) e l’opera, spesso determinante, di consulenza a sindaci e amministratori locali nella gestione delle quotidiane problematiche. Tutto questo, nella maggior parte dei casi, gratuitamente. Senza, cioè, pretendere un corrispettivo economico e, quindi, permettendo un enorme risparmio per le casse dello stato e delle amministrazioni locali.

 

Esiste, però, anche una grande criticità. La scarsa rappresentatività politica nei luoghi in cui si prendono le decisioni delle ODV. Il mondo del volontariato organizzato non può essere coinvolto e valorizzato solo quando ci si trova in emergenza; quando cioè serve la presenza capillare sul territorio, la capacità operativa e, nel nostro settore, l’alta professionalità del personale volontario e dipendente. Servono tavoli permanenti di confronto con la politica e le sue diramazioni operative che devono trovarsi e lavorare insieme “in tempo di pace” come si dice tra gli esperti di crisis management. Quando ci si trova impantanati mani e piedi nell’emergenza è tardi. Lì si può solo cercare di arginare il problema ed evitare che peggiori. Le soluzioni preventive e mitigative si devono pianificare prima. Su questo la politica regionale e nazionale deve essere più attenta. Il mondo del volontariato, da parte sua, deve essere dinamico pronto ad accettare le sfide che il contesto nel quale viviamo sempre più frequentemente ci pone. Questo mondo per il Terzo Settore non è più quello di venti anni fa; non basta la buona volontà, soprattutto a livello dirigenziale. Servono competenza, resilienza e disponibilità al cambiamento. Nulla è dovuto solo perché siamo volontari. Abbiamo competenza, abbiamo capacità, abbiamo tempo da dedicare agli altri. Queste sono le nostre armi migliori.

 

Luca Puleo